La circolare Inps n. 36 del 7-3-2022 interviene sull’estensione dei permessi previsti dall’articolo 33 della Legge 104/1992 e dei congedi di all’articolo 42 comma 5 del Dlgs n. 151/2001 in favore delle persone unite civilmente e dei parenti dell’altra parte dell’unione civile.
La questione è un po’ complessa ed utile riprendere i passaggi della circolare n. 36 esaminando i due provvedimenti.
Anticipiamo comunque la conclusione e cioè che, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi e al congedo straordinario spetta all’unito civilmente oltre che nel caso in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza a un parente dell’unito. Allo stesso modo i parenti di una parte dell’unione civile avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.
Per entrambi gli istituti, dal punto di vista operativo, la circolare precisa che le Strutture territoriali avranno cura di riesaminare, alla luce dei suddetti chiarimenti, i provvedimenti già adottati e le istanze già pervenute e non ancora definite relativamente ai rapporti non esauriti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o prescrizione del diritto.
Questo tardivo chiarimento comporterà ricadute negative sui datori di lavoro che dovranno gestire la riapertura di posizioni piuttosto datate.
L'articolo 33, comma 3, della legge n. 104, prevede il diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della medesima legge.
Il comma 5 dell’articolo 42 del Dlgs n. 151 stabilisce la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e agli affini di terzo grado.
In questo quadro si sono inserite due novità.
- la legge n. 76/2016 ha disciplinato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto prevedendo al comma 20 dell’articolo 1, tra l’altro, che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso”;
- la Corte costituzionale con la sentenza n. 213 del 5 luglio 2016, inoltre, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi ai sensi del medesimo articolo 33, comma 3.
La circolare Inps n. 38/2017 nell’affrontare la questione, ha precisato che:
- la parte di un’unione civile, che presti assistenza all’altra parte, può usufruire di:
- permessi di cui alla legge n. 104/1992,
- congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001;
- il convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, che presti assistenza all’altro convivente, può usufruire unicamente di:
- permessi di cui alla legge n. 104/1992.
L’articolo 78 del codice civile, che individua il rapporto di affinità tra il coniuge e i parenti dell’altro, non viene espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016.
La circolare n. 38/2017 ha quindi stabilito che tra una parte dell’unione civile e i parenti dell’altro non si costituisce un rapporto di affinità.
In questo caso i permessi di cui alla legge n. 104/1992 potevano essere fruiti unicamente nel caso in cui l’assistenza fosse prestata all’altra parte dell’unione e non in caso di assistenza fosse rivolta ad un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità.
Per evitare discriminazioni, la circolare in esame fornisce nuove istruzioni per il riconoscimento dei benefici in oggetto in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile.
Permessi ex articolo 33 comma 3 legge n. 104/1992
Al fine di evitare comportamenti discriminatori nei riguardi di due situazioni giuridiche comunque comparabili (uniti civilmente e coniugi), seppure l’articolo 78 del codice civile non venga espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, ai fini del riconoscimento dei benefici in parola, va riconosciuto sussistente il rapporto di affinità anche tra l’unito civilmente e i parenti dell’altra parte dell’unione.
Ne deriva che, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 va riconosciuto all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito.
Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.
Tutto questo nel rispetto del grado di affinità normativamente previsto.
Il rapporto di affinità invece non è riconoscibile tra il “convivente di fatto” e i parenti dell’altro partner, non essendo la “convivenza di fatto” un istituto giuridico, ma una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.
Pertanto, il “convivente di fatto” può usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente.
Riportiamo in nota la parte della circolare che richiama le norme per individuare le due situazioni in esame.
Congedo straordinario ex articolo 42 comma 5 Dlgs n. 151/2001
Già con la legge n. 76/2016 e la circolare n. 38/2017 l’unito civilmente è incluso, in via alternativa e al pari del coniuge, tra i soggetti individuati prioritariamente dal legislatore ai fini della concessione del beneficio in parola.
La tutela del congedo straordinario non è invece prevista per il convivente di fatto.
È possibile usufruire del congedo in esame secondo il seguente ordine di priorità:
- il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente” della persona disabile in situazione di gravità;
- il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del “coniuge convivente”/della “parte dell’unione civile convivente”;
- uno dei “figli conviventi” della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente” ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
- uno dei “fratelli o sorelle conviventi” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori” e i “figli conviventi” del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
- un “parente o affine entro il terzo grado convivente” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
- uno dei figli non ancora conviventi con la persona disabile in situazione di gravità, ma che tale convivenza instauri successivamente, nel caso in cui il “coniuge convivente” /la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi”, i “parenti o affini entro il terzo grado conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
Il diritto al congedo straordinario per i lavoratori del settore privato va riconosciuto all’unito civilmente oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza a un parente dell’unito.
Allo stesso modo i parenti di una parte dell’unione civile avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.
Resta fermo il limite del terzo grado di affinità e il requisito della convivenza (circolare n. 32/2012, paragrafo 6 e messaggio n. 6512/2010) con l’affine disabile grave da assistere.
Allo stato normativo attuale, mentre l’unione civile può essere costituita solo tra persone dello stesso sesso, la convivenza di fatto può essere costituita sia da persone dello stesso sesso che da persone di sesso diverso.
Per la qualificazione di “convivente” deve farsi riferimento alla “convivenza di fatto” come individuata dal comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016 in base al quale “si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” e accertata ai sensi del successivo comma 37.
Quest’ultimo comma prevede che, ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al precedente comma 36, per l’accertamento della stabile convivenza deve farsi riferimento alla dichiarazione anagrafica di cui all’articolo 4 e alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 13 del regolamento di cui al D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.
Per quanto riguarda la qualificazione di “parte dell’unione civile”, ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, dovrà farsi riferimento agli atti di unione civile registrati nell’archivio dello stato civile.