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CONTRATTO DI SOCCIDA - CONTRIBUZIONE IN AGRICOLTURA

La circolare Lavoro Previdenza n

martedì 15 luglio 2025

L’Inps continua a emanare istruzioni sull’inquadramento agricolo. La circolare n. 94 del 21-5-2025 affronta il tema del contratto di soccida e delle implicazioni sulla gestione contributiva delle parti contrattuali datrici di lavoro.

La presente circolare non è stata pubblicata tempestivamente. Ci scusiamo per il disguido

L’Istituto fornisce un quadro di questa tipologia contrattuale che riprendiamo trattandosi di temi in genere poco frequentati da chi si occupa di lavoro.

La definizione di soccida

La soccida (articoli 2170[1] e s.s. codice civile) è uno strumento negoziale in uso nel settore agricolo, volto all’esercizio in comune dell’attività di allevamento, attraverso la combinazione del capitale e del lavoro, al fine di valorizzare le specifiche caratteristiche produttive delle imprese zootecniche e incrementare la produzione del bestiame[2] e dei prodotti derivati. 

Molto opportunamente la circolare tiene conto dell’evoluzione dell’utilizzo della soccida che nel tempo si è notevolmente diffusa.

Nel contesto delle intese di filiera e dei contratti quadro (art. 9ss Dlgs 102/2005) la soccida costituisce uno schema contrattuale ricorrente che regola i rapporti di approvvigionamento tra gli allevatori e gli imprenditori non agricoli che svolgono a valle attività industriali o commerciali i quali, in veste di soccidanti, non forniscono solo all’allevatore-soccidario gli animali da allevare, ma anche i mangimi e tutti i servizi necessari affinché il prodotto finale corrisponda agli standard previsti dall’industria per la successiva macellazione, trasformazione e vendita al dettaglio delle carni tramite i canali della grande distribuzione organizzata.In pratica un imprenditore che non svolge attività agricola (soccidario) fornisce a un altro imprenditore (soccidante) i mezzi per svolgere concretamente l’allevamento.

A questo proposito si possono fare due osservazioni. Al tradizionale apporto del soccidario, gli animali da allevare, si aggiungono sempre più servizi, mezzi e strumenti di produzione

In questo modo, da una parte, il soccidante ha maggiori garanzie sulla qualità e gli standard del prodotto, dall’altra il soccidario è sollevato da alcuni oneri economici (ad esempio per l’acquisto dei mangimi) aprendo a più persone la possibilità di intraprendere una attività d’impresa.

La seconda osservazione è che il soccidante può essere anche un’impresa agricola. Si pensi ad esempio alle cooperative ex Legge 240/1984 che forniscono ai propri soci (soccidari) gli strumenti per l’allevamento.

Le diverse tipologie di soccida

Prima di esaminare nel dettaglio i riflessi contributivi dell’utilizzo della soccida, la circolare descrive le varie forme contrattuali che la medesima può assumere. 

L’incremento della consistenza degli animali richiamato dall’articolo 2170 ovvero l’accrescimento realizzato alla fine del ciclo di allevamento, si divide tra le parti (come per i prodotti, gli utili e le spese) secondo le proporzioni stabilite dalla convenzione o dagli usi.

La soccida è, quindi, un contratto associativo nel quale il soggetto che dispone di capitali (il soccidante) si accorda con il soggetto che dispone invece delle competenze tecniche e delle strutture produttive, in particolare di impianti di allevamento, di attrezzature e di forza lavoro (il soccidario), al fine della produzione del bestiame e dei suoi derivati

Nella disciplina codicistica sono previste tre tipologie di soccida:

  • la soccida semplice (cfr. l’art. 2171 c.c.[3]): il bestiame è apportato solamente dal soccidante senza che vi sia il trasferimento della proprietà al soccidario.
  • la soccida parziaria (cfr. l’art. 2182 c.c.[4]): il bestiame è conferito da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute; il bestiame in questo caso diventa un insieme di beni in comproprietà proporzionata ai rispettivi apporti.
  • la soccida con conferimento di pascolo (cfr. l’art. 2186 c.c.[5]): il soccidario apporta il bestiame e ha la direzione dell’impresa, mentre il soccidante conferisce il terreno per il pascolo.

La circolare non entra nel merito di quest’ultima (convertita dall’art. 25 della Legge 203/1982 in affitto di fondo rustico) che non ha natura di contratto associativo, bensì di contratto di scambio se non per affermare che, data la sua natura di contratto di scambio, il passaggio di bestiame dal soccidario al soccidante deve essere considerato acquisto dal mercato (quindi fuori dallo schema del conferimento). 

Le disposizioni del codice lasciano comunque ampia autonomia alle parti di concordare le clausole contrattuali più adatte alle loro esigenze, per cui nella realtà operativa sono da tempo emersi schemi contrattuali che si discostano da quelli tipizzati nel codice civile.

La soccida monetizzata 

L’Istituto richiama anche la variante contrattuale, particolarmente diffusa, della soccida monetizzata.

In questo contesto vengono richiamati questi punti della circolare del Ministero delle Finanze n. 32/1973:

  • il conferimento (all’inizio del ciclo) e il prelevamento (al termine del ciclo) degli animali non costituiscono atti traslativi della proprietà;
  • la divisione dell'accrescimento è “un atto dichiarativo dell'acquisto originario degli stessi, che altro non sono che una fruttificazione del diritto di proprietà del bestiame oggetto del contratto di soccida”. 

Questi gli altri riferimenti alla prassi richiamati dall’Inps (circolare del Ministero delle finanze n. 48/1995, risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 134/2024).

Nella risposta all’interpello, l’Agenzia delle Entrate precisa che: “Nella soccida monetizzata, le parti si accordano per la liquidazione forfetizzata e in denaro della quota di accrescimento spettante al soccidario, sicché non avviene la previa individuazione, determinazione e divisione dell'accrescimento tra soccidante e soccidario. Il soccidante preleva l'intero accrescimento, lo vende a terzi e provvede a corrispondere parte del ricavato al soccidario, nella misura previamente concordata […]”.

Con questi presupposti, per l’Istituto mancando il momento della divisione dell’accrescimento, non avviene in capo al soccidario l’acquisto a titolo originario della propria quota. Pertanto, nell’ipotesi in cui sia il soccidante a vendere l'intero accrescimento non si realizza un passaggio di proprietà della quota dal soccidario al soccidante, ed essendo il soccidante il solo venditore degli animali allevati, la somma in denaro spettante al soccidario è corrisposta dal soccidante a titolo assegnazione della quota-parte del ricavato dalla vendita dell’accrescimento.
Possibili effetti di natura previdenziale conseguenti all’utilizzo del contratto di soccida 

Sul tema soccida si è sviluppato un contenzioso incentrato in particolare sulla:

  • legittimità della variazione di inquadramento (dalla Gestione contributiva agricola alla Gestione DM) conseguente alla perdita della natura agricola dell’impresa soccidante a seguito del venire meno della condizione della prevalenza dell’origine interna all’azienda dei prodotti utilizzati per lo svolgimento delle attività connesse;
  • sussistenza delle condizioni per usufruire, da parte delle cooperative e dei relativi consorzi di cui all'articolo 2 della legge 15 giugno 1984, n. 240, che si riforniscono di bestiame da soci soccidari operanti in zone montane e svantaggiate, delle riduzioni contributive di cui al comma 5 dell'articolo 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67[6]. 

Il requisito della prevalenza che definisce la natura agricola dell’impresa (la circolare utilizza il termine “agrarietà”) nei 3 contesti legislativi attuali

  • terzo comma dell’art. 2135 c.c
  • comma 2 dell’art. 1 del Dlgs 228/2001
  • articolo 2 della Legge 240/1984

si basa sulla preponderanza dei prodotti utilizzati per le attività connesse, che devono provenire in maggiore parte dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali da parte dell’imprenditore agricolo e dei soci (nel caso delle cooperative o dei consorzi di cooperative), rispetto alla quota acquistata dal mercato.

Se manca il rispetto di questa condizione, l’impresa perde la natura agricola.

È citato anche il caso previsto dal comma 1094 dell’articolo 1 della Legge 296/2006 che per l’inquadramento agricolo richieda l’esclusività della provenienza dai soci dei prodotti utilizzati nel ciclo produttivo (si tratta delle società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci).

Nel corso di alcune ispezioni l’acquisizione degli animali allevati mediante soccida è stato considerato un mero atto commerciale di acquisto dal mercato, anziché nell’acquisizione di materia prima derivante dall’allevamento condotto in forma associata.

Questa impostazione metteva i prodotti acquisiti fuori dall’ambito della provenienza agricola (allevamento, conferimento dai soci ecc.) facendo venire meno, in alcuni casi, il requisito della prevalenza o determinando il venire meno delle condizioni per la corretta attribuzione delle riduzioni contributive (per prodotti conferiti provenienti da zone svantaggiate) spettanti alle cooperative inquadrate in agricoltura ai sensi della Legge n. 240/1984.

Per valutare come qualificare il prodotto proveniente da un contratto di soccida semplice o parziaria sul requisito della prevalenza del datore di lavoro agricolo è necessario valutare nel concreto il comportamento dei contraenti nel dare esecuzione al contratto.

A questo proposito è il codice civile che guida il giudizio dell’Istituto: rispettando lo schema tipico stabilito dal combinato disposto degli articoli 2178, 2181 e 2184 del c.c. non si ha alcun acquisto dal mercato, in quanto sia il soccidante che il soccidario tornano rispettivamente in possesso della consistenza del bestiame inizialmente conferita, mentre l’approvvigionamento scaturito dalla divisione in natura, secondo le proporzioni concordate della produzione aggiuntiva conseguita alla conclusione del contratto di soccida (o alla fine dei cicli di allevamento ricompresi nel corso della sua durata), non rappresenta un acquisto dal mercato, in quanto derivante dall’esercizio associato dell’attività di allevamento.

Se però la divisione in natura non corrisponde alle proporzioni concordate, la parte eccedente la quota di pertinenza rappresenta invece, a tutti gli effetti, un acquisto dal mercato.

Ecco, quindi, le condizioni relative alla soccida contenute nel codice civile da rispettare per non considerare il prodotto acquistato sul mercato.

Articolo 2181 - Al termine del contratto le parti procedono a nuova stima del bestiame. Il soccidante preleva, d'accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all'età, sia corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all'inizio della soccida. Il di più si divide a norma dell'articolo 2178. Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono”.

Articolo 2178 - Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite dalla convenzione o dagli usi. È nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno

Articolo 2184 - Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del contratto, il bestiame conferito si dividono nella proporzione stabilita dalla convenzione o dagli usi”.

In presenza del rispetto di queste condizioni, non occorre effettuare alcuna valutazione circa il rispetto della condizione di prevalenza con riguardo all’acquisizione di tale produzione da parte del soccidante e del soccidario, poiché la stessa deve essere considerata realizzata nell’ambito dei rispettivi cicli aziendali di produzione.

Il medesimo principio deve essere applicato con riferimento all’attribuibilità alla cooperativa-soccidante di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984 delle riduzioni contributive per zone montane e svantaggiate con riferimento a quella parte di bestiame acquisita dopo la divisione dell’accrescimento effettuato in base alle proporzioni concordate nel contratto di soccida.

 

In conclusione, la circolare riprende e fa propri i contenuti della citata risposta a interpello: secondo l’Agenzia delle Entrate, nel caso della soccida monetizzata, l’acquisizione da parte del soccidante degli animali spettanti al soccidario quale quota dell’accrescimento conseguito non deve essere considerato acquisto sul mercato e quindi:

  • è irrilevante al fine della valutazione della sussistenza o permanenza del requisito di prevalenza;
  • non fa venire meno l’attribuibilità alla cooperativa di cui all’articolo 2 della legge n. 240/1984 delle riduzioni per zone montane e svantaggiate con riferimento alla parte del bestiame che non è stato oggetto di successiva rivendita

In riferimento al secondo punto, per le cooperative Legge n. 240/1984 che intendono usufruire degli sgravi per i prodotti provenienti da zone svantaggiate è necessario che vi sia effettiva trasformazione del prodotto ricevuto in conferimento dai soci localizzati nelle zone montane o svantaggiate.

Per l’Inps la logica alla base del trasferimento delle agevolazioni si basa infatti sul trasferimento del fabbisogno di lavoro di trasformazione potenzialmente incorporato nei beni conferiti dai soci della cooperativa. Pertanto, la parte di prodotto che, benché coltivata o allevata dal socio, sia conferita alla cooperativa al solo scopo della rivendita, non può conseguentemente comportare l’attribuzione di alcuna riduzione contributiva.

Sull’ultima considerazione si può dissentire in quanto le cooperative inquadrate in agricoltura ai sensi dell’articolo 2 della Legge 240/1984 sono quelle che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici propri o dei loro soci… Non si capisce quindi perché devono essere escluse.

Si tratta però di una considerazione che non cambia il senso positivo del chiarimento che elimina il contenzioso che si era creato per le cooperative che, alla base del conferimento, hanno contratti di soccida.

L’indicazione della direzione Inps alle sedi territoriali è di riesaminare i contenziosi in essere in materia di soccida alla luce dei principi sopra delineati procedendo in autotutela, a seconda dei casi, all’annullamento o alla riforma dei provvedimenti di inquadramento o di recupero dei benefici illegittimi.

 

[1] Articolo 2170 - Nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l'allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l'esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l'accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano. L'accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto.

[2] Per bestiame, ai fini della presente circolare, si intende l’insieme degli animali allevati nelle aziende agricole, ossia bestiame grosso (bovini, equini, ecc.), bestiame minuto (ovini, caprini, suini) e bestiame da cortile (conigli, volatili, ecc.).

[3] Articolo 2171 del codice civile: “Nella soccida semplice il bestiame è conferito dal soccidante. La stima del bestiame all'inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidario. La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l'età del bestiame e il relativo prezzo di mercato. La stima serve di base per determinare il prelevamento a cui ha diritto il soccidante alla fine del contratto, a norma dell'articolo 2181”.

[4] Articolo 2182 del codice civile: “Nella soccida parziaria il bestiame è conferito da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute. Essi divengono comproprietari del bestiame in proporzione del rispettivo conferimento”.

[5] Articolo 2186 del codice civile: “Si ha rapporto di soccida anche quando il bestiame è conferito dal soccidario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo. In tal caso il soccidario ha la direzione dell'impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione. Si osservano inoltre le disposizioni dell'articolo 2184 e, in quanto applicabili, quelle dettate per la soccida semplice”.

[6] Su questo punto l’articolo 32 comma 7ter del Dl 69/2013 ha esteso gli sgravi per le zone svantaggiate anche alle cooperative ex Legge 240/1984 e relativi consorzi non operanti in zone svantaggiate o di montagna, in misura proporzionale alla quantità di prodotto coltivato o allevato dai propri soci, anche avvalendosi di contratti agrari di natura associativa di cui al libro V, titolo II, capo II, del codice civile, in zone di montagna o svantaggiate e successivamente conferito alla cooperativa